Colazione a Ella e via, verso la fermata dei bus. Abbiamo optato per il bus che costa 530 rupie a testa (circa euro 1.65 a testa) contro i 6000 (€ 18. 00) a testa che propongono i conducenti di minibus o auto private, e ci porta dritti dritti dove dovremo scendere. Saranno 3 ore e mezza di viaggio abbastanza confortevoli perché seduti e con bagagli nel vano posteriore.
Unico neo è l'autista. Pazzo da legare. Qui si rischia davvero la vita ad andare con questi matti. In più si aggiunge la pioggia torrenziale che ci accompagnerà per l'ultima ora di tragitto. Comunque, ce l'abbiamo fatta. Arriviamo a qualche km prima di Tangalle, Netolpitya, piccolo villaggio a quattro chilometri dalla spiaggia che dobbiamo raggiungere: Rekawa. Qui chiediamo di farci scendere e così faranno. Sorpresa!!! I bagagli sono zuppi d'acqua… PorcacciaPorca… Praticamente è entrata acqua nel vano portabagagli e ciao ciao. Prendiamo un tuk tuk che per 600 rupie, € 1.80, cioè più del bus, ci porta a quattro km da qui, nel nostro alloggio. Arrivati, dopo un ottimo frullato di benvenuto, andiamo in camera a vedere se la nostra roba è stata inzuppata. La mia si è salvata perché ho le sacche contenitori impermeabili.
A Gi è toccato svuotare tutto e mettere tutto ad asciugare… maremma maiala. Fortunatamente l'alloggio è confortevole e ha un bel loggiato dove stare e dove mettere ad asciugare gli indumenti. Andiamo ad esplorare la zona. Si va sulla spiaggia, a cento metri praticamente. Qui c'è un'area protetta e di studio e conservazione delle tartarughe marine. Le tartarughe escono dal mare depongono le uova su buche che creano nella sabbia. Alcuni volontari del centro le proteggono posando sopra delle grate, affinché i predatori presenti non se le mangino. Quando si schiuderanno, le tartarughine avranno l'arduo compito di sopravvivere ai 30 metri che le separano dal loro ambiente naturale, il mare.
Se riusciranno a non farsi mangiare, bisognerà essere in grado di sopravvivere in acqua… che maledizione poverine.
Noi nel frattempo ci godiamo il calare della sera e un bellissimo tramonto. Questa spiaggia è davvero bella. Palme, mangrovie, km di sabbia un pochino annerita da minerali ferrosi, e gente quasi 0. C'è pochissima gente. La spiaggia è quasi tutta per noi. Il mare è abbastanza incavolato ma anche per questo ancor più affascinante.
I tre giorni successivi ci vedono più statici. Gigi si è procurato una distorsione al ginocchio il secondo giorno, mentre camminavamo sulla battigia. Le onde si stagliavano con così tanta forza che praticamente l'hanno sommerso e sbattuto come un fuscello sulla spiaggia. Abbiamo capito subito che non è un mare in cui stare in acqua in tranquillità, tanto meno sul bagnasciuga. Quindi sono stati giorni di rilassamento forzato, tra loggiato e spiaggia. Facciamo delle buone colazioni e quindi saltiamo i pranzi.
La sera ci rifacciamo con le cene che però ahimè sono una delusione per quanto riguarda la totale assenza di pesce e qualsiasi cosa provenga dal mare. L'unica volta che abbiamo tentato di ordinarlo, c'è stato portato pesce surgelato e, da non crederci, ancora crudo dentro. Proprio non ci siamo. Su una costa, sul mare, non puoi continuare a propinare pollo e riso... Per carità. Stendiamo un velo pietoso su questo angolo di paradiso che non ha alcun servizio vicino, nemmeno una piccola bottega dove poter acquistare acqua o beni di prima necessità; che non offre nessuna alternativa di nessun genere a chiunque venga e che, difatti, è poco frequentata. Va bene rimanere “selvaggi”; va bene non vendersi, va benissimo mantenere il più possibile l'integrità del luogo ma… no comment. Il 23 scapperemo da qui, ginocchio permettendo, per andare un pò più a ovest sempre sulla costa. Unawatuna, un tratto costiero che si dice troppo turistico. Vedremo. Insomma una via di mezzo no e? Speriamo bene.




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